#IlSorrisodelFuturo: Emicrania, app per il mal di testa e rapporto medico-paziente


Da qualche tempo soffro di emicrania. D’improvviso, senza che nulla sembri scatenarlo, un dolore lancinante mi colpisce dietro l’occhio destro, diffondendosi poi verso la parte destra di testa e volto.
Se la prima volta ho pensato che questa sorta di “attacco” fosse dovuto ad un mix di stress e di troppe ore di lavoro davanti al computer, dopo il secondo – avvenuto in un contesto completamente diverso, ho iniziato a preoccuparmi seriamente.
Ho prenotato subito un appuntamento con un neurologo esperto in cefalee, altrimenti dette “mal di testa”, e nell’attesa ho comprato un libro dall’emblematico titolo “Emicrania”, scritto e riscritto più volte da OliverSacks, il neurologo divenuto noto soprattutto per i suoi libri accessibili anche al grande pubblico.
L’ultima riscrittura di questo libro risale agli anni Novanta, nei quali il Dott. Oliver Sacks ha ripreso le sue vecchie teorie e le ha ridiscusse alla luce dei nuovi studi di settore. È stata una strana scoperta quella di capire che un testo datato 1990 potesse essere ancora attuale nel 2019, ben 29 anni dopo.
Avevo già letto altri libri di Oliver Sacks, dei quali, da appassionata di Neuroscienze quale sono, ho sempre apprezzato l’incredibile tatto empatico dell’autore, in grado di avere una visione rigorosa, scientifica, e al contempo che lascia il dovuto spazio alla qualità della vita dei pazienti e alle loro espressioni emotive. Naturalmente con le dovute riserve dovute alla sua epoca storica.
Ma torniamo alle mie emicranie. Durante la mia prima visita il neurologo, uomo estroso e molto intelligente, mi ha subito chiesto quali fossero i miei ultimi studi scolastici, per capire quale linguaggio avrebbe dovuto utilizzare per comunicare efficacemente con me. Dopo avergli detto di avere studiato Psicologia, la sua reazione è stata: “Bene, quindi posso essere franco con te. Non iniziare a dirmi che la tua cefalea è dovuta allo stress o alle tue emozioni, perché ti dico già che sono tutte cazzate”.
Mentre rispondevo un banale “Certo, altrimenti non sarei da un Neurologo”, ho ricordato amaramente come mai Oliver Sacks premeva molto sul dolente tasto del mancato ascolto da parte dei medici verso i loro pazienti.
Mi è subito tornato in mente un passaggio, nel capitolo che descrive l’emicrania circostanziale (ovvero causata da specifici stimoli sensoriali), in cui l’autore scrive:
“Abbiamo dovuto supporre che l’emicrania, in quanto reazione, sia facilmente soggetta al condizionamento, […]. Solo in questo modo è possibile spiegare i bizzarri legami fra circostanza e risposta che sembrano sfidare ogni possibile logica della fisiologia. All’estremo, questo condizionamento porta a una situazione singolare, nella quale l’emicrania insorge perché il paziente se l’aspetta […].”
In poche parole: ci sono sicuramente uno o più stimoli che causano l’attacco emicranico di tipo circostanziale, ma bisogna stare attenti alla loro identificazione, perché la mente umana potrebbe essersi in qualche modo suggestionata, favorendo in maniera psicologica la comparsa dell’emicrania stessa. Il che significa che lo stimolo che causa l’emicrania magari non è davvero una luce intermittente ma, inconsapevolmente, è l’associazione mentale che il paziente ha creato tra la luce e l’emicrania. E chissà che quella frase del mio dottore non mi porti a sottovalutare lo stress emotivo come fattore scatenante delle mie emicranie.
Ma Sacks supera – a calci – la barriera che lo separa dal lettore, lanciando una provocazione singolare:
“ […] Come conseguenza di ciò, e anche del rapporto fra pazienti suggestionabili e medici propensi a teorizzare, qualunque teoria sull’emicrania può arrivare a generare i dati sui quali si fonda.”
Siccome anche i medici sono esseri umani, quindi ugualmente suggestionabili, l’autore sottolinea come sia molto facile farsi condizionare dal proprio desiderio di arrivare ad una diagnosi definitiva ascoltando il vissuto che racconta il paziente senza elaborarlo all’interno della cornice di personalità e del contesto sociale del paziente stesso, come magistralmente spiegherà nei dettagli verso il termine del libro (a pagina 442).
Come ascoltare un paziente se il paziente stesso non si sa ascoltare?
Se le emicranie, così come tutte le altre patologie, hanno un fattore scatenante che deve essere indagato da uno specialista, è altrettanto vero che l’analisi di questi fattori richiede un’attenta autoriflessione da parte del paziente, che deve portare i suoi sintomi nel modo quanto più “pulito” possibile, privo cioè di tutti quei condizionamenti che possono limitare la visione del diagnosta.
Ho già parlato del diario come metodo di autoriflessione e potente strumento d’indagine diagnostica per il medico in moltissime patologie. L’emicrania, in particolare, prevede sempre la compilazione di un diario, cosa che il mio dottore ha prontamente prescritto.
Iniziando a compilare alcuni aspetti della mia giornata, e tenendo in mente ciò che avevo imparato dai miei studi, ho identificato dei fattori che avrei dovuto segnare ogni giorno: alimentazione, livello di stress, attività fisica, ingestione di farmaci, di alcol, di caffeina, fase del ciclo mestruale e presenza ed entità della cefalea.
Ci tengo a precisare che, sebbene io abbia avuto l’indicazione di compilare il diario, non ho avuto alcuna precisazione su che cosa avrei dovuto registrare ogni giorno.
Con il dubbio di star indicando alcuni sintomi inutilmente, o di stare dimenticando qualche altro trigger fondamentale, mi sono affidata al web, scoprendo che esistono numerose app a valenza scientifica che hanno proprio la funzione di diario per emicrania.
Ne ho scaricate alcune, quelle più affidabili da un punto di vista medico, e ho potuto subito notare che hanno tutte la stessa struttura e lo stesso elenco di sintomi di cui necessitavo.
Non sono qui per descrivervi le caratteristiche di queste applicazioni (vi lascio un piccolo elenco qui sotto), ma per esplicitarne l’utilità a livello diagnostico.
Il diario tecnologico, essendo più intuitivo e più strutturato, permette alla persona di annotare con rapidità ed efficacia ciò che serve al medico per arrivare alla diagnosi finale. Non solo, ma consente attraverso i grafici di riflettere sui propri stessi sintomi e, soprattutto, sul proprio stile di vita – spesso causa delle patologie più disparate, emicrania compresa, aiutando il paziente persino a prevedere lo scoppio dei sintomi prima che questi si manifestino.
Inoltre, il diario (digitale o cartaceo che sia) permette di instaurare una relazione medico-paziente più solida, dove nessun possibile sintomo viene omesso da parte del paziente (perché non lo reputa importante, perché si vergogna ad esplicitarlo o perché sente che il suo medico non lo sta ascoltando).
Certo, bisogna prendere atto che non tutti i dottori sono inclini ad utilizzare certe tecnologie per arrivare ad una diagnosi. Il neurologo che sta seguendo il mio caso, ad esempio, è restìo persino nel ricevere delle email. Tuttavia, mi piacerebbe condividere con voi una sua frase, dalla quale vorrei che traeste da soli le vostre conclusioni:
“Le email non le leggo, non mi dicono nulla. Se devi dirmi qualcosa, piuttosto chiamami. Trovo inutili tutte queste mille funzioni racchiuse in un semplice aggeggio fatto per telefonare. Però una cosa buona gli smartphone ce l’hanno: possono fare delle foto. Quando ti viene un altro attacco, scattati delle foto al viso. Mi permette di valutare i tuoi sintomi in tempo reale, cosa che sarebbe stata impensabile fino a qualche tempo fa. … Ultimamente sto davvero rivalutando il potere di queste nuove tecnologie nel mio lavoro.”

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