La mia amica...

Quella sera Jenny venne a casa mia, mi disse che si sentiva sola, non potevo dirle di andare via, eravamo buoni amici ma in verità ero suo amico perché mi piaceva ma non potevo averla.

Non mi scorderò mai quegli occhi azzurri e quei capelli come raggi di Sole annodati fra loro, com'era bello guardarla, quello sguardo era come un magnete.

Mi disse che il ragazzo, l’aveva mollata e io di mio continuavo a consolarla facendo bagni di ipocrisia, dicendole che mi dispiaceva ma il ragazzo per me, poteva finire sotto un’autoblindo mentre passeggiava in bicicletta, ascoltando Riccardo Cocciante, fischiettando allegramente.

All'improvviso si alzò in piedi e si spogliò dicendomi se era giusto che al ragazzo non piacevano le sue tette perché troppo piccole.

Io le trovavo molto femminili e carine erano una seconda coppa b, secondo me una tetta sottovaluta, avrei sputato volentieri in faccia, a quel pupazzo disturbato.

Mi chiese poi se potevo toccarle, per sentire com'erano sode, mi eccitai come un alligatore nel fiume mentre attraversa una mandria di bufali. 

La mano cominciò a tremare e si dirigeva verso quelle colline di carne con velocità lenta e titubante come un’auto di formula uno in rettilineo, quando gli parte un pistone.

Finalmente toccai quella sua pelle liscia come una carezza di velluto, chiuse gli occhi, il suo viso sembrava scolpito nel piacere, quindi fini di svestirla e a lei quel momento sembrava piacerle, poi: “Mi sa che è ora che mi sveglio”.

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